Rete famiglie “Le Querce”
È un gruppo rivolto a famiglie che stanno sperimentando l’affido o intendono sperimentarlo e necessitano di un luogo di ritrovo e confronto.
L’appuntamento è circa ogni due mesi ed è guidato da una psicologa-psicoterapeuta che funge da facilitatore.
Sono seguiti i principi guida sull’affidamento familiare.
1) Non bisogna illudersi di poter ''salvare'' i minori che accogliamo nelle nostre famiglie: a volte questi bambini portano in sé ferite così profonde che noi non potremo mai sanare del tutto, e perfino talvolta sembra che il nostro intervento, i nostri tentativi di aiutarli siano del tutto inutili. Ma il destino di questi bambini, come del resto quello dei nostri figli naturali, non è nelle nostre mani, e il nostro compito è quello di offrire, così come ne siamo capaci, un luogo di totale accoglienza delle loro persone. L'affido resta ugualmente un’esperienza positiva ed educativa innanzitutto per le famiglie affidatarie, che attraverso questa avventura possono imparare uno sguardo più umano e più vero su di sé e sul compito della famiglia.
2) L'affido è un'esperienza educativa che mette in movimento e in ''discussione'' tutta la famiglia; insegna a guardare con occhi nuovi, meno possessivi, anche i propri figli naturali; mette in contatto con situazioni di ''diversità'' e difficoltà che non sono sempre facili da accettare; svela le potenzialità di apertura e coinvolgimento della famiglia affidataria, ma anche le sue incapacità e grettezze. L'affido è perciò un'esperienza che è difficile e rischioso fare ''da soli'': incontrarsi stabilmente con altre persone che vivono situazioni simili e giudicare insieme le difficoltà è indispensabile per ritrovare il punto di vista giusto e vero da cui guardare i problemi e per recuperare i motivi che ci hanno mosso e ci sostengono.
3) Il rapporto con la famiglia d'origine del ragazzo accolto è un nodo fondamentale perché l'affido possa riuscire, anche se spesso è la causa delle maggiori difficoltà per gli affidatari. Non si tratta infatti di ''sopportare'' i genitori naturali del bambino, di fingere sorrisi e tolleranza; si tratta di accogliere la loro storia, spesso molto difficile, e di riconoscere il bene che - nonostante tutto - sono per il loro figlio.
4) La famiglia che fa l'affido non è una famiglia ''specializzata'' o ''professionista'' dell'accoglienza che - dopo adeguati corsi di psicologia e ''formazione'' - acquisisca le competenze necessarie per trattare i ''casi difficili''. La famiglia affidataria è invece una famiglia ''normale'', che ha in sé, proprio in quanto famiglia, le ''competenze'' umane ed educative necessarie per aprirsi all'accoglienza di un'altra persona.